Viaggio interiore tra i pensieri e le emozioni di un “attore”
di Maurizio Longhi
Ti svegli la mattina con quel pensiero, immaginando il momento in cui farai irruzione sulla scena sentendo su di te il calore del pubblico. Più passano le ore e più pensi a tutte le giornate trascorse alle prove con la compagnia, proprio il giorno prima è quello della prova generale, si dice che debba andare male perché il giorno successivo vada benissimo, ma siamo sicuri che sia così? E se alla prova generale arriva un vuoto di memoria, durante il tempo di preparazione si è portati a pensare “queste sono solo prove, poi sarà diverso”, ma alla prova generale non si può più sbagliare perché il giorno dopo, magari proprio a quell’ora, quelle sedie vuote saranno riempite dagli spettatori.
Cosa fare durante quelle ore prima di recarsi al teatro? Scendere e dedicarsi a lunghe passeggiate, ascoltare un po’ di musica, ma di che genere poi? Quella rilassante o quella adrenalinica? Meglio non separarsi mai dal copione, non perché lo si debba ripetere in continuazione come un libro prima di sostenere un esame universitario, semplicemente perché dà un senso di sicurezza avere il copione con sé. Lo si guarda e spunta un sorriso per tutte quelle parti evidenziate, quei fuori copione scritti a penna, quegli appunti relativi all’intonazione, alla postura, alla mimica.
Quando si fa teatro sono i dettagli a fare la differenza, non bisogna tralasciare niente, o lo si fa bene o è meglio dedicarsi ad altro, questo è un mondo in cui non si può essere superficiali. I pensieri fluttuano e si approssima l’orario in cui il giorno prima ci si è dati appuntamento in teatro. Ciascuno arriva alla spicciolata, immerso nel proprio mondo interiore, il teatro è vuoto, si sceglie una sedia in cui sedersi chiedendosi chi la occuperà di lì a poche ore. Gli/le piacerà lo spettacolo? Se ne tornerà arricchito/a? Diverse ore prima di andare in scena è come se ogni attore si sforzasse di celare la tensione, preferisce sorridere, fare battute, parlare di altro, di calcio, di politica, di lavoro, di viaggi, è un modo per distrarsi.
Poi si apre il botteghino, la gente inizia ad entrare, i primi che arrivano scelgono i posti migliori e tutti gli attori si rintanano nei camerini, anche perché le truccatrici sono pronte, bisogna entrare nei personaggi. Ecco, il rapporto con il personaggio da interpretare è molto soggettivo, bisogna entrarci in empatia e non è che sia la cosa più facile del mondo, eh! Ogni personaggio è stato creato per un motivo preciso, ha una sua storia, una sua personalità, un suo atteggiamento, un suo modo di pensare e di fare, può capitare addirittura di entrare in contrasto con il proprio personaggio, ma quello è il momento per capirlo di più. In quei camerini, in quei corridoi c’è un andirivieni di gente, la domanda più ricorrente è questa: “Tu ti sei truccato? Tu ti sei truccata?”.
Anche in questi casi ci sono dei riti, c’è chi preferisce farsi truccare subito, indossare gli abiti di scena per entrare prima nel personaggio e chi aspetta l’ultimo momento, sono quei riti che se vengono fatti una volta poi si perpetuano senza che ci sia un perché. Se poco prima la tensione veniva mascherata, in quei momenti diventa palpabile, ma è una tensione positiva perché prelude all’adrenalina da palcoscenico. Guai se non ci fosse la tensione, vi sono registi che consigliano agli attori di sentire degli spilli, il problema è spiegare dove, diciamo in una parte anatomica del corpo umano. È un modo colorito e ironico per invitare tutti a stare sempre concentrati, a non abbassare la guardia.
Il sipario è chiuso, rappresenta un filtro con il pubblico, ma dalla sala arriva ugualmente il brusio dei presenti, una quantità indecifrabile di voci ovattate, tutte persone che attendono il calare delle luci, segno che lo spettacolo sta per iniziare. Quello è il momento in cui gli attori si sono appena riuniti in cerchio, qualche frase di incoraggiamento, qualche preghiera e il fatidico: “Merda! Merda! Merda!”. Poi tanti copioni sparsi un po’ ovunque, la regola comune è che nessuno sposti alcunché per scongiurare il rischio che qualcuno cerchi una cosa senza trovarla a spettacolo in corso. Un respiro lunghissimo, quasi interminabile, arriva il momento di calcare le tavole del palcoscenico. Si vive per quell’attimo, per quell’emozione che solo il teatro sa regalare…