Visita esoterica al Quartiere Coppedè: una lettura affascinate di simboli e numeri
La visita esoterica al Quartiere Coppedè è stata la mia scelta per esplorare uno dei luoghi insoliti di Roma: una lettura del quartiere che ne indaga Numerologia e Simbologia, proposta da Roma Esoterica di Luca Rocconi
Il Quartiere Coppedè a Roma è sicuramente uno dei luoghi che ha da sempre destato in me molta curiosità, sembra un luogo fiabesco e misterioso, e la particolarità dei suoi palazzi è infatti ben evidente rispetto alle altri edifici della capitale. Ciò che mi ha colpita è la ricchezza di decorazioni fatta di elementi unici e le sue palazzine così diverse, ma allo stesso tempo armoniose.
La guida turistica Luca Rocconi ci ha portato alla scoperta dei tantissimi significati “nascosti” in questo luogo che appare incantato: dalla sua progettazione, composizione e sviluppo, alla simbologia di sculture e dipinti: mascheroni, sfere, colonne, animali, figure mitologiche, allegorie e iscrizioni. Non mancano i riferimenti massonici, come la presenza di diverse logge, e quelli biblici, come quelli riferiti alle colonne del Tempio di Salomone.
Questa volta per me è davvero difficile fare una sintesi di questa esperienza, perché ho trovato interessante ogni aspetto e ogni spiegazione, tuttavia come sempre cercherò di trasferirvi le cose che mi hanno colpito del racconto della nostra guida, senza togliervi il gusto di fare una visita con Roma Esoterica.
Il quartiere Coppedè è parte del quartiere Trieste, una zona salubre e privilegiata, inserito fra via Tagliamento e viale Regina Margherita, fra Villa Ada e Villa Borghese, la sua costruzione risale a inizio Novecento e copre un’area di 31.000 mq. È l’unico quartiere che prende il nome dal suo architetto, Gino Coppedè, in quanto il suo stile seppur accostato spesso al liberty, al gotico, al barocco o al medievale, è assolutamente unico e non trova altri stili paragonabili.
L’architetto Gino Coppedè
La vita e l’ambiente culturale dell’architetto Gino Coppedè ci aiutano a comprendere la sua opera: nasce a Firenze nel 1866, il padre era un ebanista ed aveva un laboratorio dove Gino collabora, intanto frequenta la Scuola Professionale di Arti Decorative Industriali, completa i suoi studi presso la scuola delle Belle arti di Firenze. Entra quindi in contatto con tantissimi artisti e architetti. L’opera con il quale diventa celebre è il Castello Mckanzie a Genova, su commissione del ricco assicuratore scozzese Evan Mckanzie e da qui gli viene poi affidata la costruzione di un quartiere impiegatizio a Roma dalla “Società Anonima Cooperativa Edilizia Moderna”.
Nel realizzare questo quartiere l’architetto Coppedè “traccia un vero e proprio percorso esoterico-iniziatico” di cui Luca ci svela tutta la concezione e la simbologia. Inoltre è uno straordinario innovatore e decoratore, stravolge gli spazi e li equilibra.
Visita esoterica al Quartiere Coppedè
L’intero quartiere è concepito come un tempio sacro, il tempio stesso richiama elementi della natura, natura sacra come rappresentazione del creato. Legato al tempio è l’orientamento del quartiere verso est. Pensiamo quindi al nostro percorso come visita ad un tempio sacro a croce latina: si parte e si attraversa l’arco di Via Dora che unisce i due palazzi degli Ambasciatori, come ingresso, si giunge all’incrocio delle strade, come braccia del tempio, dov’è situata la fontana delle rane e poi alla palazzina delle fate, idealmente l’abside.
L’arco e i palazzi Ambasciatori
Ecco alcuni dei componenti simbolici che troviamo sull’arco e sulle facciate dei palazzi:
Sulla chiave di volta è posto il viso di un guerriero con lo sguardo dritto in avanti verso l’infinito, due figure umane lo affiancano e guardano invece ai lati, hanno un riferimento numerologico all’ unione fra l’uno e il due; subito sopra troviamo uno scudo con sei sfere, con molte interpretazioni fra cui riferimento al simbolo del Tempio di Salomone. Ancora più su troviamo un affresco “cavalleresco” che reca un iscrizione: “ESSEN DEN SEMPRE LI TUOI RAGGI DUCI” un verso del tredicesimo canto del Purgatorio di Dante. Questo verso conterrebbe un anagramma SEMPRE LI TUOI diventa SIMULO PIETRE, un messaggio di Coppedè: l’opera sembra solo pietra ma nasconde molti significati. Diversi sono i riferimenti danteschi anche in altre palazzine.
L’arco si inserisce fra due torri, anch’esse cariche di figure simboliche. Una è ottagonale e il numero otto è simbolo di infinito, ai suoi piedi una fontana con ancora le sei sfere, e poi troviamo putti, arieti, api e una vittoria alata in cima. In particolare l’ape rappresenterebbe gli architetti, in quanto costruttrice di alveari, inoltre simbolo di alchimia poichè trasforma la materia, il polline in miele. Sulla torre quadrata troviamo invece la Minerva e diverse maschere, figure umane e metafore come l’acqua e il fuoco.
Prima di attraversare l’arco notiamo una statua della Madonna che potrebbe essere riferito alle tante “Madonnelle” che si trovano fra le strade di Roma, ma la sua particolarità è la posizione del bambino, ben diversa da tutte le altre raffigurazioni, qui è proteso alla strada verso chi passa.
Sotto l’arco spicca il grande lampadario in ferro battuto: qualcosa di assolutamente nuovo poiché solitamente è un oggetto da interno, appeso ad un soffitto riccamente decorato, anche qui sono raffigurati animali con significati simbolici come il cavalluccio marino legato alla creazione.
Gli animali sono presenti quasi ovunque fra le decorazioni e ognuno con il suo significato: leoni, lumache, arieti, galli, avvoltoi, ragni e rane.
La Fontana delle Rane e Piazza Mincio
A queste ultime si deve il nome della Fontana delle Rane, posta in piazza Mincio un incrocio con le altre vie del quartiere e dove sono posizionati il palazzo del Ragno e il palazzo senza nome, la piazza stessa ha diversi significati legati all’acqua come l’incontro di quattro fiumi e un Eden dantesco.
La fontana delle rane ha un forte significato simbolico. È costituita da una vasca in cui si inseriscono quattro coppie di figure che sorreggono conchiglie sormontate da rane dalla cui bocca zampilla l’acqua e al cento una seconda vasca sul cui bordo sono poste dodici rane. La forma della vasca centrale ricorda quella di una coppa associata al Sacro Graal, le rane sono simbolo del principio fondatore dell’acqua e di collegamento fra la vita terrestre e quella acquatica.
Il Palazzo del Ragno
Il palazzo del Ragno, deve il suo nome al mosaico posto sul portone di ingresso, un ragno a otto zampe, quindi un aracnide che ricorda il mito greco di Aracne. Il mascherone centrale è ben diverso da quello dell’arco di via Dora, ha infatti un’espressione molto più severa, più in alto sopra una loggia si trova un affresco color ocra e nero raffigurante elementi del mondo del lavoro e una scritta in latino LABOR. Anche qui seppur tutti gli elementi sembrano legati al lavoro, la posizione delle lettere divise in LAB – OR pare indichino qualcosa di diverso. Nel complesso è uno dei palazzi dall’aspetto più tenebroso.
Il Palazzo senza nome
Più arioso per i suoi colori, per l’ampio arco strombato e per le grondaie superiori che coprono le logge e sembrano quasi ali è il palazzo senza nome. Particolarità di questo palazzo sono le sue iscrizioni di cui una recita “INGREDERE HAS AEDES QUISQUIS ES AMICUM ERIS HOSPITEM SOSPITO” ovvero “Entra in questo luogo, chiunque tu sia sarai amico, io proteggo l’ospite”, un’altra posta come decorazione sull’arco sotto il portico d’ingresso HOSPES SALVE e un’altra sulla facciata che è una data ANNO DOMINI MCMXXVI, anche queste ultime hanno interpretazioni diverse. Ci fermiamo ad osservare il portico di questo palazzo con marmi bianchi e neri, con raffigurazioni di diversi animali, tornano i cavallucci marini, l’ariete e gli avvoltoi, simbolo di passaggio e collegamento fra la terra e il cielo. Sarebbe molto interessante visitare anche gli interni dei palazzi, poiché anch’essi sono ricchissimi di decorazioni, ma essendo abitati da privati o uffici non è possibile.
La palazzina delle Fate
L’ultimo edificio che osserviamo è la palazzina delle fate, di forma irregolare, ricco di logge, archi, scalette, finestre e dipinti. Anche qui troviamo una Madonnina, ma per il suo abbigliamento e per dove è posizionata somiglia di più ad una Beatrice Dantesca. Sulle facciate si trovano infatti affreschi che sono omaggio ad alcune città fra cui Firenze. Troviamo poi un omaggio a Roma con la rappresentazione della Lupa Capitolina e a Venezia.
Su un’altra facciata di questo villino troviamo l’immagine di un orologio astronomico, torna il numero dodici, come dodici sono gli apostoli e le parti del corpo. A questo punto, la nostra guida ci racconta di un particolare fenomeno che avviene il giorno dell’equinozio di primavera quando il sole sorge dietro al villino delle fate e al tramonto la luce del sole passa sotto l’arco e con un gioco riflessi fra i palazzi della piazza, va a colpire il getto più alto della fontana che diventa di colore rossastro, nuovo riferimento al Graal. Io tornerei volentieri a osservare questo momento.
Purtroppo l’architetto Gino Coppedè muore prima di completare la sua opera che fu portata avanti da suoi familiari, ma ad un’attenta osservazione possiamo notare le differenze nei particolari come ad esempio: le finestre del palazzo delle fate sono tutte diverse fra loro seppur ordinate, in quello sul lato opposto, successivo alla sua morte, sono invece simmetriche.
Vi ho riportato qui solo degli accenni di quanto ascoltato durante la mia visita esoterica al Quartiere Coppedè, vi assicuro che per ogni particolare Luca Rocconi ci ha spiegato con chiarezza ogni simbolo e da dove deriva e non mi sono annoiata neanche per un secondo. Avvolta dal fascino dell’atmosfera di questo luogo, sono curiosa di vederlo anche di sera dove si arricchisce di suggestioni. Voi ci siete mai stati? L’avete mai osservato in questa prospettiva? Per me è stato un piacevolissimo momento del mio tempo migliore. Stavolta ho scattato tantissime foto, le posterò anche su Instagram.
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